C'è un noto aforisma "Se una farfalla sbatte le ali a Tokyo, si scatenerà un uragano in Florida" che si sente spesso evocare per creare nessi logici fra situazioni dislocate nel tempo e con risvolti apparentemente connessi.
Questa sentenza è spesso attribuita al solito saggio cinese che utilizzando non-sense, o paradossi più o meno empirici, esprime verità di metafisica grandezza ("Attento ad ogni tua piccola azione perchè non sai cosa provocherà il Qi che genera"). Ma l'origine di questa proporzione ha ben altra patria e valenza.
Quella che vedete qui sopra è l'immagine della farfalla che sbatte le ali. Si chiama Attrattore di Lorenz e si ottiene attraverso un sistema di equazioni differenziali. La sua caratteristica è che la dinamica da cui è estrapolato è di tipo caotico, un comportamento aderente cioè a un sistema complesso.
E' matematicamente dimostrabile che lo scopo ultimo di un sistema complesso sia difficilmente accertabile. La discussione e la comprensione di un sistema complesso richiedono un vocabolario condiviso nei termini, una mutua comprensione degli obiettivi non evidenti, una definizione dei limiti dell'azione creata da regole accettabili e la totale comprensione dell'ambiente in cui si svolge il sistema.
I dati da apprendere sono a loro volta complessi e contengono un tale numero di informazioni implicite e contestuali riguardo il sistema che, una volta assorbiti tutti, la spiegazione si rivelerà come una concatenazione di informazioni disposte in un ordine apparentemente anarchico e casuale.
Un esterno al sistema, proprio a causa di questo tipo di ordinamento delle informazioni, non riuscirà mai a rendersi pienamente conto degli ostacoli o degli obiettivi secondari del sistema stesso, poiché non è in grado di distinguere fra le azioni intraprese per risolvere o evitare un problema, e le azioni intraprese per raggiungere l'obiettivo prefissato. Un esterno al sistema che osservi eventi generati da regole non dichiarate, non è in grado di comprendere l'inizio e la fine di quelle che sembrano azioni incoerenti.
Ma sono proprio le equazioni studiate sui modelli caotici dei sistemi complessi che la neuroscienza utilizza per lo studio dei meccanismi neuronali che sono alla base del pensiero umano. Pensiero che è schematizzato in modo così complesso a sua volta, e con tali molteplici proprietà da correlare, da rivelare solo in parte il fitto mistero rappresentato dalla realtà delle funzioni cerebrali.
Fino a un certo punto tutto quello che siamo stati in grado di comprendere e conoscere sulla trasmissione nervosa è stato dedotto da modelli sperimentali che non erano in grado di mantenere la costruzione articolata del sistema, perchè un conto è un neurone che comunica con un altro neurone in una provetta, un altro è capire come faccia uno dei miliardi di neuroni che abbiamo nel nostro cervello ad avere la stessa relazione con un altro neurone, dislocato apparentemente a caso, per connettersi nei cluster che compongono gli schemi neuronali.
Soprattutto perchè mettendo in fila tutti i nostri assoni (la parte che funge da “filo elettrico” nella conduzione del segnale nervoso), si ottiene una lunghezza simile a quella che separa la Terra dalla Luna.
I neurofisici però possono misurare, grazie a simulazioni basate su modelli matematici che tengono conto della teoria del caos e delle dinamiche non lineari che governano la trasmissione nervosa, tutti i diversi parametri per definire un modello di network compatibile con i dati sperimentali ottenuti dalle neuroscienze cognitive e dalla neurofisiologia.
Studiando la corteccia visiva con tecniche di neuro immagine, che misura il calcio intracellulare con microscopia a due fotoni, è stato evidenziato che al suo interno si crea una sorta di mappa che risponde agli stimoli esterni visualizzando il
momento in cui ogni neurone “scarica” il suo potenziale d’azione.
Le aree attivate diventano scure e si può quindi seguire, come in un film, il successivo reclutamento dei neuroni. Se si pone davanti agli occhi del soggetto esaminato una girandola luminosa, la corteccia mostrerà una girandola analoga e scura come in un negativo fotografico. Il cervello mappa e connette lo stimolo visivo in questo modo sia sull’insieme della corteccia visiva, che selezionando le singole colonne di neuroni che ne costituiscono la struttura di base.
La dinamica alla base della memoria dell'acqua è applicabile al modo in cui il cervello forma il pensiero. L'elettricità, scaricata dalla corteccia sulla massa cerebrale, raduna gli schemi in cluster che utilizzano lo stesso tipo di dominio di coerenza.
L’attivazione “rotatoria” dei neuroni avviene intorno a un punto fisso, come il centro di una ruota e chiamato pinwheel, in cui i neuroni, rispondendo ai diversi stimoli ricevuti dalla scarica elettrica cerebrale, si attivano in cluster intorno a un certo numero di pinwheels precisi.
Per studiare la formazione di questi cluster è appunto utilizzata l'equazione della Teoria degli Attrattori Instabili definiti da Lorenz.
La farfalla rappresentata qui sopra.
Ma volete sapere la cosa più sorprendente di tutta questa faccenda?
Gli scienziati hanno misurato la densità di questi pinwheels nella corteccia di tutte le specie rappresentate nella scala evolutiva e si sono resi conto che la densità dei pinwheels per colonna e sì diversa, ma mantiene una distribuzione lineare costante.
Calcolando la densità media attraverso tutte le specie della scala evolutiva, il numero che venuto fuori è decisamente molto noto: 3,14.
Pi-Greco.
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