sabato 29 settembre 2012

Apocalisse

Agli inizi degli anni '90 la parola Apocalisse evocava ancora l'ultimo libro del Nuovo Testamento. Ma mentre la fine del secolo si avvicinava il mille non più mille, dipinto anche dalle oscure profezie di Nostradamus, si faceva quotidianità.

Fra un satana che avrebbe dovuto disciogliersi, quattro cavalieri imbizzarriti, il papa nero, e la fervida immaginazione di alcuni ispirati affabulatori, a capodanno l'anno 2000 venne alla fine salutato esattamente come tutti gli altri anni. Se non fosse stato per quella lieve sensazione di sollievo collettivo, misto a delusione, che per qualche giorno perdurò ancora.

In quel periodo era ancora la Profezia di Celestino per la massa. The Secret e la pianificazione neurolinguistica arrivarono molto dopo. Da quel momento però è stato come assistere a un coro in crescendo che, per un'apocalisse mancata ha subito iniziato ad invocarne un'altra.

Così, come fosse un gioco. Come se questo mondo non esaudisse esattamente tutti i nostri desideri. Massa umana che ancora non si rende pienamente conto della portata delle proprie azioni e dei propri pensieri.

Nel frattempo qualche predicatore ha indicato nuovi giorni, brillantemente superati, in cui la terra convulsa avrebbe dovuto tremare e come cane infastidito liberarsi delle pulci (cioè noi) scrollando il pelo. Ma sicuramente oramai da qualche anno, la data più accreditata e gettonata è indiscutibilmente il 21 dicembre 2012.

In questa data un evento di natura imprecisata e dimensioni planetarie investirà la terra e per noi, per l'umanità, nulla più sarà possibile fare. Moriremo. Come razza, come civiltà, come pianeta. 

Finalmente l'agognato castigo dei molti e finalmente gli infedeli pagheranno con dolore il non aver creduto nell'unico dio (spazio pubblicitario libero per divinità in calo di popolarità).

William Blake

Intanto, nell'immaginario collettivo, cinematograficamente popolato di vampiri e licantropi, che procreano mutantropi figlioli con l'umanità, la palma della vittoria appartiene ancora ai mangiatori di carne umana. 

Morti viventi e deambulanti, il cui solo morso condanna alla stessa crudeltà. 

Tutti felicemente e appassionatamente insieme fino al mattino dopo.

Morenti dementi. Zombies freschi d'alba e canna mattutina ai sali da bagno, che tanto appetitosa rende la faccia del vicino di casa. E anche della fidanzata se è per quello. L'hanno chiamata Settimo Cielo e non si capisce ancora perchè.

Più onesti con la Desomorfina, Krokodill per gli amici, che rende novelli lebbrosi subito dopo la seconda dose. Mix di codeina, benzina, olio, detersivo industriale e iodio, non risveglia istinti sopiti ma è come farsi sbranare.

Da uno zombie appunto.

Uno zombie interiore che provoca il collasso del setto nasale per troppi soldi e cocaina.

Analogie certo, nulla di concretamente vero, solo il ripetersi ossessivo di certe frasi, di certi commenti, presenti ovunque nei testi di sapere dell'umanità di ogni dove, di ogni luogo, di ogni epoca.

Attento a ciò che desideri. 
Potresti ottenerlo.


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giovedì 27 settembre 2012

Abitudini

Le abitudini sono azioni che permettono di mantenere il controllo sul territorio. Una persona abitudinaria innesca routine che gli permettono di svolgere automaticamente, ovvero senza prestare attenzione, la maggior parte delle sue azioni quotidiane.

Più propriamente l'abitudine è ciò che fa smarrire gli occhiali se non li si lascia nel solito luogo.

Ma l'abitudine è soprattutto una dinamica che fa costantemente parte dei processi mentali. Per abitudine, in base a schemi neuronali preesistenti, si valutano le persone e l'ambiente intorno a noi, se così non fosse saremmo ancora incoscienti infanti che si lanciano da una finestra senza pensare. Pensare all'effetto delle conseguenze.

Un'abitudine è quindi una conseguenza consolidata, per abitudine reagiamo di fronte alle cose e alle persone, per abitudine scegliamo un programma televisivo piuttosto che un altro, per abitudine leggiamo un quotidiano piuttosto che un manga a colori. Per abitudine otteniamo compensazione, quindi sensazione di soddisfacimento, da certe azioni piuttosto che altre.

Quindi per lo stesso processo anche gli schemi neuronali che utilizziamo sono compensazione e soddisfazione, allora che cosa accade al sistema endocrino di una persona che abitudinariamente innesca processi ripetitivi su pensieri negativi? pensieri di rabbia, frustrazione, invidia, sofferenza e desiderio di sopraffazione per esempio.

Accade che a tipi di schemi cerebrali a lunga memoria sono legate la produzione di alcune sostanze endocrine corrispondenti piuttosto che altre. L'eccesso d'adrenalina connesso alla tensione dello stress e della paura, per esempio, a lungo andare diventa abitudine fisica, e quindi necessità fisiologica a propria volta, sarà quindi il corpo stesso a fare in modo di innescare quei processi che ne verifichino la secrezione. Questo significa che automaticamente anche gli schemi di pensiero congiunti si attivano.

Ma allora nasce prima l'uovo o la gallina?
Pensiamo e quindi produciamo sostanze, o il nostro corpo produce sostanze e quindi pensiamo?

A questo quesito la scienza non può ancora rispondere con sicurezza. 
Si può dire però che ci sono abitudini sane e abitudini che sarebbe meglio controllare.

E che non esiste nulla di più apparentemente innocuo che una piccola abitudine.

 
  Photobucket

sabato 22 settembre 2012

Tao

E' stato chiesto: esiste un unico dio?

Certo che esiste un unico dio, non lo vedi? è tutto intorno a te.

Ma io non vedo nessun dio. Vedo solo materia. Densa, liquida e gassosa, è stato risposto.

Davvero vedi solo materia? io vedo solo luce. Un po' più chiara, un po' più scura, o anche tutta chiara, o tutta oscura ma, per quanto ne possa sapere, sempre e solo luce è.

Bah, guarda, se proprio devo dirtela tutta, al massimo, ma proprio al massimo che possa fare, è stabilire che, beh sì, in effetti la materia è composta da atomi che certamente sono solo energia.

Beh? e io che cosa ti ho detto?

Beh sì, tu me l'hai detto e io lo so anche per conto mio se è per quello, però non lo vedo lo stesso. Sarà anche vero, ma per me è solo e soltanto un'idea, un'ipotetica fesseria del cavolo. Non mi serve a niente.

Purtroppo posso solo fare un'analogia. Considera un essere prigioniero da lungo tempo in una caverna, dalla sua nascita per esempio. I suoi occhi non sono abituati alla luce del sole e quindi distinguono bene solo le ombre proiettate sui muri. Le sue pupille sono fisiologicamente incapaci di percepire la luce perchè non è abituato a farlo, il suo corpo ha naturalmente raffinato certe capacità escludendone altre. Ma se quest'essere si liberasse...

Hahahahahaaaa e che fa? Esce dalla caverna? Vede la luce? Correrà libero e felice nelle praterie dell'eden? Ma per favore, ma dai, ma anche no, non ci posso proprio credere.

Pensala come vuoi, sei libero di farlo e nessuno ti obbligherà a cambiare idea, ma la mia storia ha un finale diverso. Verso la luce quell'essere ci si avvia piano piano, un centimetro al giorno, un millimetro al giorno, mezzo millimetro al giorno. Abitua il corpo a poco a poco alla luminosità cui va incontro, mitridizzandosi tutti i giorni un po'. Un piccolo impegno, un piccolo movimento senza mollare mai, nemmeno quando si diceva no, sono troppo stanco e non ce la posso proprio fare. Metà della metà della metà di un millimetro, ma pur sempre qualcosa. Un po' di yang dove c'è troppo yin, un po' di yin dove c'è troppo yang. Ma certo che no! Non può uscire dalla caverna, non ne uscirà mai.

E scusa ma allora che fa? che differenza fa? lo vedi che è davvero un'astrusità?

Beh scusa, ma è ovvio che non può uscire del tutto, altrimenti morirebbe. Da vivo, però, avrà il privilegio di vedere sia la luce che l'ombra insieme. 
Praticamente dio.

Si sono guardati negli occhi per un po'.

Poi sono tornati in silenzio a fissare la luna.


domenica 19 agosto 2012

Le Ali della Farfalla

C'è un noto aforisma "Se una farfalla sbatte le ali a Tokyo, si scatenerà un uragano in Florida" che si sente spesso evocare per creare nessi logici fra situazioni dislocate nel tempo e con risvolti apparentemente connessi.

Questa sentenza è spesso attribuita al solito saggio cinese che utilizzando non-sense, o paradossi più o meno empirici, esprime verità di metafisica grandezza ("Attento ad ogni tua piccola azione perchè non sai cosa provocherà il Qi che genera"). Ma l'origine di questa proporzione ha ben altra patria e valenza.


Attrattore di Lorenz

Quella che vedete qui sopra è l'immagine della farfalla che sbatte le ali. Si chiama Attrattore di Lorenz e si ottiene attraverso un sistema di equazioni differenziali. La sua caratteristica è che la dinamica da cui è estrapolato è di tipo caotico, un comportamento aderente cioè a un sistema complesso.

E' matematicamente dimostrabile che lo scopo ultimo di un sistema complesso sia difficilmente accertabile. La discussione e la comprensione di un sistema complesso richiedono un vocabolario condiviso nei termini, una mutua comprensione degli obiettivi non evidenti, una definizione dei limiti dell'azione creata da regole accettabili e la totale comprensione dell'ambiente in cui si svolge il sistema.

I dati da apprendere sono a loro volta complessi e contengono un tale numero di informazioni implicite e contestuali riguardo il sistema che, una volta assorbiti tutti, la spiegazione si rivelerà come una concatenazione di informazioni disposte in un ordine apparentemente anarchico e casuale.

Un esterno al sistema, proprio a causa di questo tipo di ordinamento delle informazioni, non riuscirà mai a rendersi pienamente conto degli ostacoli o degli obiettivi secondari del sistema stesso, poiché non è in grado di distinguere fra le azioni intraprese per risolvere o evitare un problema, e le azioni intraprese per raggiungere l'obiettivo prefissato. Un esterno al sistema che osservi eventi generati da regole non dichiarate, non è in grado di comprendere l'inizio e la fine di quelle che sembrano azioni incoerenti.
 

Ma sono proprio le equazioni studiate sui modelli caotici dei sistemi complessi che la neuroscienza utilizza per lo studio dei meccanismi neuronali che sono alla base del pensiero umano. Pensiero che è schematizzato in modo così complesso a sua volta, e con tali molteplici proprietà da correlare, da rivelare solo in parte il fitto mistero rappresentato dalla realtà delle funzioni cerebrali.

Fino a un certo punto tutto quello che siamo stati in grado di comprendere e conoscere sulla trasmissione nervosa è stato dedotto da modelli sperimentali che non erano in grado di mantenere la costruzione articolata del sistema, perchè un conto è un neurone che comunica con un altro neurone in una provetta, un altro è capire come faccia uno dei miliardi di neuroni che abbiamo nel nostro cervello ad avere la stessa relazione con un altro neurone, dislocato apparentemente a caso, per connettersi nei cluster che compongono gli schemi neuronali.


Soprattutto perchè mettendo in fila tutti i nostri assoni (la parte che funge da “filo elettrico” nella conduzione del segnale nervoso), si ottiene una lunghezza simile a quella che separa la Terra dalla Luna.

I neurofisici però possono misurare, grazie a simulazioni basate su modelli matematici che tengono conto della teoria del caos e delle dinamiche non lineari che governano la trasmissione nervosa, tutti i diversi parametri per definire un modello di network compatibile con i dati sperimentali ottenuti dalle neuroscienze cognitive e dalla neurofisiologia.

Studiando la corteccia visiva con tecniche di neuro immagine, che
misura il calcio intracellulare con microscopia a due fotoni, è stato evidenziato che al suo interno si crea una sorta di mappa che risponde agli stimoli esterni visualizzando il momento in cui ogni neurone “scarica” il suo potenziale d’azione.

Le aree attivate diventano scure e si può quindi seguire, come in un film, il successivo reclutamento dei neuroni. Se si pone davanti agli occhi del soggetto esaminato una girandola luminosa, la corteccia mostrerà una girandola analoga e scura come in un negativo fotografico. Il cervello mappa e connette lo stimolo visivo in questo modo sia sull’insieme della corteccia visiva, che selezionando le singole colonne di neuroni che ne costituiscono la struttura di base.
 

La dinamica alla base della memoria dell'acqua è applicabile al modo in cui il cervello forma il pensiero. L'elettricità, scaricata dalla corteccia sulla massa cerebrale, raduna gli schemi in cluster che utilizzano lo stesso tipo di dominio di coerenza.

L’attivazione “rotatoria” dei neuroni avviene intorno a un punto fisso, come il centro di una ruota e chiamato pinwheel, in cui i neuroni, rispondendo ai diversi stimoli ricevuti dalla scarica elettrica cerebrale, si attivano in cluster intorno a un certo numero di pinwheels precisi.

Per studiare la formazione di questi cluster è appunto utilizzata l'equazione della Teoria degli Attrattori Instabili definiti da Lorenz.

La farfalla rappresentata qui sopra.

Ma volete sapere la cosa più sorprendente di tutta questa faccenda?

Gli scienziati hanno misurato la densità di questi pinwheels nella corteccia di tutte le specie rappresentate nella scala evolutiva e si sono resi conto che la densità dei pinwheels per colonna e sì diversa, ma mantiene una distribuzione lineare costante.

Calcolando la densità media attraverso tutte le specie della scala evolutiva, il numero che venuto fuori è decisamente molto noto: 3,14.
 

Pi-Greco.

domenica 29 luglio 2012

WEB 3.0

PhotobucketI bambini di oggi vedono una rivista e cercano di usarla come fosse un I-pad. Quando siamo nati noi della redazione di @cieloevento, non tutti avevano la televisione e quando c'era rigorosamente in bianco e nero. Verso la fine degli anni '70 in Lombardia compravamo le Tv a colori e poi ci sintonizzavamo su Capodistria, e la TV Svizzera, per provare l'ebrezza del brivido. La TV di stato iataliana propinava ancora assurde prove tecniche di trasmissione con un'immagine statica, un monoscopio, accompagnata da relativi fruscii e fischi assordanti.

Noi siamo scienza non fantascienza, recitava un famosissimo spot.

Quelli nati negli anni '60 hanno vissuto in una una strana fase di passaggio storico. Ancora bambini abbiamo visto in TV il primo uomo che camminava sulla luna; da ragazzi avevamo le tasche piene di gettoni del telefono per le cabine della SIP; appena adulti abbiamo provato i primi computer, i primi cellulari grossi come cocomeri e Internet, la fantasmagoria più innovativa degli ultimi 10.000.000 anni.

In realtà alcuni di noi videro un televisore LCD in tempi non sospetti, per non parlare dei primi cd video interattivi (erano in realtà dei videogame sofisticatissimi) che erano grandi come 33 giri. Allora si usavano i floppy-disc e quella, agli inizi degli anni '80, era pura fantascienza. Il Philips, l'Atari, l'Intellivision, il Coleco giusto per citarne alcuni.

Arrivarono poi le grandi sale giochi, videogame sempre più raffinati che con pac-man spartivano ben poco e le tecniche di simulazione in grandi scatole, una volta oggetto di sperimentazione NASA, diventate patrimonio comune di ogni parco giochi che si rispetti. Durò per un po', ma nel giro di un decennio le cose mutarono velocemente e fu subito il grande tempo degli sms e della rete.

L'idea di far comunicare differenti computer nacque negli anni '50, ma fu ovviamente necessario attendere lo sviluppo tecnologico dell'interconnessione e delle infrastrutture delle reti di comunicazione, per arrivare al web e al sistema utilizzato dagli smart-phone del 2012.

Non dimentichiamo che la rete nasce come sistema di comunicazione militare. Furono gli Stati Uniti a posare i primi cavi e quando dismisero il sistema perchè subentrarono i satelliti, lasciarono alle università e ai centri di studio la possibilità di accedervi.

Negli anni '90 quindi, la rete era accessibile liberamente solo dai grossi poli universitari e impiegò qualche anno per riuscire a diffondersi. Allora i motori di ricerca non erano avanzati come google oggi e la maggior parte delle informazioni venivano acquisite tramite sottoscrizione volontaria e, senza indirizzo http corretto, molte pagine non erano proprio raggiungibili. Sostanzialmente bisognava sapere dove fossero per poterle trovare, e navigare significava scuriosare nei siti di aziende a caso, la maggior parte americani, solo per capire come funzionassero e a che cosa servissero tutti quei bottoni da premere sullo schermo. Se poi si era proprio bravi a utilizzare il linguaggio HTML, si potevano aprire pagine rudimentali e trionfalmente pubblicare il sudore delle proprie fatiche dopo mesi di lavoro e tentativi falliti.

I primi blog (web-log: loggare, scaricare in rete) erano innovativi. Pubblicare una foto poteva richiedere anche un'ora di lavoro ed erano nati per non perdere i contatti in zone in cui era difficile mantenere le normali comunicazioni. Questi pionieri avevano in dotazione telefoni satellitari grandi come lap-top e utilizzavano il sistema web-log per memorizzare foto, articoli, resoconti e notizie.

Col tempo alcune piattaforme furono in grado di rendere disponibili pagine in cui costruire il proprio (we)blog (letteralmente diario on-line), mentre la malizia del sesso e dell'incontro fugace alimentava ampiamente l'implementazione delle prime chat e la capacità di gestione dei software dell'interazione simultanea fra multipli.

I primi blog erano un casino se ci permettete il francesismo. In Italia solo i più cool riuscivano ad utilizzare egregiamente Splinder (R.I.P. nel 2011), gli altri si barcamenavano come meglio potevano fra tiscali, e piattaforme più o meno instabili, che un giorno erano off-line e l'altro pure. Per non parlare di quando si perdevano i dati e non li ritrovavano più. Il web era quindi prevalentemente statico e con pochissima possibilità di interazione, eccetto la normale navigazione tra le pagine, l'uso delle e-mail e dei primi motori di ricerca.

La connessione simultanea di più utenti, così come la conosciamo oggi, nel 1999 era ancora ben al di là da venire, ma già nel 2003 nei forum e nei commenti iniziarono a ventilare il grande cambiamento che stava arrivando e che si risolse nel 2004 con l'avvento del sistema utilizzato per il Web 2.0.

Web 2.0 è un termine utilizzato per indicare uno stato dell'evoluzione del World Wide Web rispetto a una condizione precedente. Si tende a indicare come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito web e l'utente (blog, forum, chat, wiki, flickr, youtube, facebook, myspace, twitter, google+, linkedin, wordpress, foursquare, ecc.) ottenute tipicamente attraverso opportune tecniche di programmazione Web afferenti al paradigma del Web dinamico in contrapposizione al cosiddetto Web statico o Web 1.0. (fonte Wikipedia)

Ovvero è possibile fruire, creare e modificare i contenuti multimediali della rete sia facilmente che velocemente: "La possibilità di accedere a servizi a basso costo in grado di consentire l'editing anche per utenti poco evoluti, rappresenta un importante passo verso un'autentica interazione e condivisione in cui il ruolo dell'utente è centrale." (fonte Wikipedia)
 
Web 3.0 è l'ultima evoluzione possibile per la rete.

Il web 3.0 sarà accessibile utilizzando le connessioni neuronali del cervello.

Il web 3.0 sarà il primo significativo passo verso la tanto agognata immortalità della mente.

Link: Prima pagina WEB 1991 CERN 
Link: Il futuro dell'uomo non è solo nella Scienza
Link: Organismi informaticamente modificati 



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domenica 22 luglio 2012

Realtà

Che cos'è la realtà? La definizione del reale è sempre stata oggetto di nutrite discussioni e forti dubbi. 

Distinguere cosa è reale da ciò che non lo è basa i propri paradigmi su ciò che comunemente si intende per realtà, ovvero ciò che tutti vedono, ascoltano, annusano, toccano e assaggiano. I 5 sensi stabiliscono essenzialmente norme di parametri entro cui riconoscere ciò che è vero, da ciò che non esiste. 

Nella nutrita sezione "ciò che non esiste" gli esseri umani, durante il corso della storia, hanno infilato un mucchio di cose man mano che progredivano nella scienza e dimostravano come aggregare la materia per produrre autonomamente ciò che serve al comfort della specie. 

Hanno quindi decretato regole che per essere oggettive, e perciò riconosciute dall'accademia scientifica collettiva, devono negare con forza e accanimento l'esistenza di tutto quello che è stato infilato nella suddetta categoria. Se mai teoria le dovesse anche solo evocare, è subito bollata come la più eretica e stolta delle idee e come tale derisa.

Certo indubbiamente la fisica studia l'universo visibile, ma è il nostro cervello che vede le cose e per la neuroscienza ciò che il cervello traduce come realtà è più esattamente un parto della fantasia. 

Gli impulsi neurochimici rilasciati dal nostro cervello durante un sogno o un'allucinazione sono gli stessi che girano nel nostro cranio quando sperimentiamo effettivamente quegli eventi. Tecnicamente parlando per il nostro cervello non esiste alcuna differenza fra guardare una mela e immaginarla.

Utilizzando la risonanza magnetica per guardare cosa accade nel cervello di chi inventa una bugia la corteccia prefrontale dorsolaterale, correlata alle funzioni esecutive e al senso di giustizia, si illumina come un albero di natale e alcuni studi hanno dimostrato che i bugiardi migliori hanno un grandissimo vantaggio. I più convincenti occupano i posti di lavoro migliori, hanno molti più amici e i partner più belli.

Usiamo il cervello quando mentiamo, ma usiamo il cervello anche quando ci mentono.

E' possibile che il cervello menta a sè stesso?

La personalità umana è fondamentalmente una collezione di parecchie reti neuronali distinte che corrono nella gelatina acquosa e vischiosa posta fra le nostre orecchie, ma anche la traduzione di tutti gli impulsi ricevuti da quello che vediamo e percepiamo con i sensi accende reti, quindi gli schemi creati dal pensiero, che traducono ciò che è reale da ciò che non lo è, si costruiscono connettendosi e/o sovrapponendosi a quegli schemi che si comportano come assembramenti a lunga memoria. 

La capacità di pensiero e speculazione soggettiva perciò, sono condizionati dalle preesistenti reti ed è quindi il condizionamento comune a definire la realtà comune.

Ma la realtà reale è davvero quello che crediamo, oppure è un tutt'altro che noi traduciamo solo come possiamo, o come siamo indotti a credere, piuttosto che per ciò che è?

Nel 2012 le molte conferme aumentano i dubbi.

E molto di ciò che ancora risiede nella categoria "ciò che non esiste" sembra sorridere beffardo.


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sabato 14 luglio 2012

Oriente e Occidente: Etica e Morale

In occidente etica e morale hanno la stessa valenza, lo stesso significato, ma in oriente la parola etica non coincide nemmeno lontanamente al concetto che la morale di origine occidentale spera di instillare.

L’etica orientale, dettata dal Tao e dal suo movimento, sono atti che rispondono a un’azione determinata dall’ambiente di cui l’uomo è vettore.

Vettore cosciente e senziente, capace di mettere da parte i propri egoismi personali perché in grado di distinguere fra un’azione centripeta e un’azione centrifuga. Non considerando sé stessi e le proprie necessità il centro dell’esistenza e delle priorità, si è portati a scegliere istintivamente vie magari meno semplici, e spesso di maggior responsabilità personale, per ottenere l’accettazione comune del mutamento a cui si contribuisce consapevolmente.

L’atteggiamento mentale volto all’attenzione esterna accurata, ovvero l’osservazione più oggettiva possibile del proprio stato di coscienza e d’azione nel mondo, permette con il tempo e la pratica di inserirsi agevolmente in una serie sincronica di accadimenti che porteranno al manifestarsi di nuovi stati di vita e pensiero. Ad ogni stagione la vita muta portando con sé nuove situazioni ed opportunità che possono risvegliare nuovi interessi ed entusiasmi.

Etico è perciò colui che cerca, nonostante le difficoltà oggettive create dalla propria personalità, d’osservare ciò che accade e coscientemente prendere posizioni in sintonia con il "senso etico universale" che riesce ad intuire e così manifestare.

La vita, lo sappiamo tutti, ha un sense of humor molto particolare. Ha anche la pessima abitudine di prendersi gioco di noi nei momenti meno pensabili ed opportuni, ma si dimostra molto meno crudele se l’uomo a cui tocca la prova è in grado di inserirsi nel ciclo che si manifesta sincronicamente accompagnandolo invece di opporvisi.

Milioni di libri, milioni di scuole e milioni di culti sono la diretta conseguenza di questa necessità, ma alla fine, dinnanzi alle prove interiori, siamo sempre e solo soli e se nella solitudine siamo equi, riconosciamo all’altro la libertà che riconosciamo a noi stessi rispettandolo, ecco che da situazioni anche estremamente disagevoli nascono nuove e brillanti opportunità.

Il ciclo del nascere/agire/morire nel mondo non è modificabile in nessun modo, ma lo si può affrontare con lo stato di coscienza corretto che porterà a un nuovo nascere/agire/morire finché il nostro stato biologico, da cui la nostra coscienza è determinata, non si fermerà.

Sostanzialmente l’etica enuncia la regola del dare e dell’avere, il rapporto (in ogni cosa, situazione e momento) che deve essere mantenuto e che, laddove il carattere dell’ignobile (dell’uomo con uno stato di coscienza basso o dormiente) si manifesta, riconosce spontaneamente quanto sia meglio dare piuttosto che prendere.

Questo concetto, relativizzato nel cattolicesimo dall'evangelico “porgi l’altra guancia”, non significa necessariamente subire ogni angheria. Significa evitare scontri inutili per cogliere l’opportunità di incontri futuri più proficui e favorevoli per tutto e tutti.
 

Fra etica e morale c’è per cui una sottile differenza che si rivela quando la morale occidentale, che nei termini e nei fatti è sempre riferita a ciò che la maggioranza decreta sia, non si dimostra la cosa migliore, equa o corretta da privilegiare come strumento principale di interpretazione del reale.

La morale è un’esigenza di carattere sociale che se mal interpretata tende a creare limiti alla libertà personale altrui. Laddove si traduce il mondo, gli altri e la loro vita solo in base a sé stessi e a ciò che si conosce, non si è nè obiettivi, nè lucidi, nè tanto meno razionali. 

La morale occidentale non accetta il diverso da sé e lo rinchiude in categorie che non gli appartengono per mantenere una presunta quiete interiore e un'apparente superiorità di mente e conoscenza.

Morale diventa quindi differenza creata da separazione e etico ciò che invece cerca il punto d'unione del tutto.

A ognuno di noi decidere come, dove e quanto stabilire i limiti di etica e morale entro cui agire.

E che cosa significa davvero la parola libertà.


venerdì 6 luglio 2012

Semiotica

Le parole sono utili, contengono dentro di loro concetti complessi da spiegare, ma se le parole sono usate nel modo migliore diventano immediatamente disponibili per costruire il pensiero.  Pensiero analogico che prende molte informazioni e le mette insieme, in modo spaziale e non digitale come quello di un computer,  per risolvere uno schema complesso e trovare la soluzione di un problema. La conoscenza si apprende così, ma ha indubbiamente bisogno di parole contenenti significati per speculare in modo corretto.

La conoscenza è  quantificata in base a quanto l’essere umano è in grado di comprendere dei meccanismi dell’ambiente e quanto in grado di relazionarli con i propri bisogni in modo equo.

Se l’etica è l’arma con cui si apprende la natura dei propri bisogni e desideri, la semiotica è lo strumento che il pensiero utilizza per costruire i paradigmi su cui basa il progresso.

Progresso che si risolve nell’interazione dell’essere umano fra i vari schemi ambientali: sociali, civili, tecnologici, cognitivi (ogni epoca ha la propria cultura), fisiologici e personali e che rende la nostra razza  il predatore supremo in cima alla lista della catena alimentare (spostiamo i rinoceronti e le case con gli elicotteri).

La specie con uno stato di coscienza maggiormente sviluppato.

E che usa i concetti per costruire i suoi atti nel mondo.

A ogni stato di coscienza l’atto che corrisponde. Ai quotidiani il compito di raccontare le tante bassezze e crudeltà  che gli stati dormienti, o non sviluppati del pensiero umano, provocano nel mondo. Alcuni  nemmeno commentabili.

La semiotica è la disciplina con cui la scienza è appresa e comunicata.

Forse leggere un post come questo non è divertente come passeggiare fra facili forum in cui tutti dicono tutto su qualunque cosa, ma talvolta è necessario capire che conoscere il termine esatto delle parole è acquisire libertà.

Il pensiero, che è costruito sui concetti definiti dalle parole, ci permette di scegliere le strade che vogliamo percorrere in modo consapevole. 

Wikipedia, che vi consiglio caldamente di usare, nasce proprio per questa esigenza.

E ogni volta che non sapete il significato di una parola usate i vocabolari:
Dizionario Gabrielli